..suona ancora per tutti campana e non stai su nessun campanile
perché dentro di noi troppo in fretta ci allontana
quel giorno di aprile.
[Festeggiate domani, e festeggiamo bene!]
..suona ancora per tutti campana e non stai su nessun campanile
perché dentro di noi troppo in fretta ci allontana
quel giorno di aprile.
[Festeggiate domani, e festeggiamo bene!]
Qualche giorno fa, aspettando il TG della notte, è apparsa sullo schermo Lella Costa.
Ascoltando il suo monologo mi è venuto in mente di quando il frusto Piccolo Principe era un libro di riferimento, di quelli da mettere nella lista dei dieci libri che ti hanno cambiato la vita. Già allora ero convinta che, mio malgrado, col passare del tempo mi sarei interessata più di cifre, occupata di cose serie, io, senza mai imparare a vedere le pecore attraverso le cassette e relegando il libricino allo scaffale più scomodo della libreria. E così è stato.
Ma continuano a piacermi le storie raccontate.
Con la sua seppur banale e scontata, Lella Costa, ha toccato la più tenace delle mie cause d’insonnia: il creare, costruire qualcosa, pensare a progetti futuribili. Diversamente a James Stewart in La vita è meravigliosa, qui l’angelo Clarence non appare e il non riuscire a realizzare quei sogni cercando di essere felici lo stesso diventa sempre più faticoso.
Si è risvegliata la nostalgia di una sensazione mai veramente provata, il sentirsi perfettamente addomesticati.
Stamattina sembrava novembre e, nella mia testa, risuonava questo:
..it’s hard to kill a bad thing but it’s hardest to kill a good one..
Poi il vento ha spazzato via le nuvole ed è tornato il sole.
Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità e la capacità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente col terrore dell’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.
(Primo Levi, L’asimmetria e la vita – Corriere della sera, 8 maggio 1974)
Oggi non c’è tempo per la memoria. O meglio, io non ho molto tempo da dedicare alla memoria.
Ho il sospetto che sia una condizione condivisa da molte persone vista la blanda deriva commemorativa che sta prendendo la giornata del 27 gennaio anno dopo anno.
Dovrebbe chiamarsi “Giornata della commemorazione” per essere un po’ più coerenti: lo spot televisivo commemorativo; il discorso istituzionale commemorativo; il film a tema commemorativo; la mostra fotografica commemorativa; lo spettacolo teatrale commemorativo. Il tutto concentrato nella giornata della commemorazione o nella settimana della commemorazione, giusto per commemorare un po’ di più.
Commemorare è comodo e facile, ma inutile.
Ricordare diventa sempre più faticoso e difficile.
Approfondire per capire la natura e le condizioni di certi eventi è apparentemente impossibile perché non è sufficiente un giorno all’anno.
Eppure basterebbe solamente leggere ogni tanto qualche pagina di Primo Levi.
Nem tudo é dias de sol,
E a chuva, quando falta muito, pede-se.
Por isso tomo a infelicidade com a felicidade
Naturalmente, como quem não estranha
Que haja montanhas e planícies
E que haja rochedos e erva…
O que é preciso é ser-se natural e calmo
Na felicidade ou na infelicidade,
Sentir como quem olha,
Pensar como quem anda,
E quando se vai morrer, lembrar-se de que o dia morre,
E que o poente é belo e é bela a noite que fica…
Assim é e assim seja…
A nove anni di distanza dal mio primo vero personale trasloco fisico dalla ridente comunità di pianura all’ancor più ridente cittadina tra i monti, per non pensarci troppo ed evitare patetici bilanci, oggi, svuotiamo i cassetti di Splinder e riempiamo la cassapanca di WordPress.
Benvenuti nel nuovo contenitore di pensierifluidi!
Spero vi troviate bene.. e spero di ritrovarmici anch’io.
Che mi sto un pochino perdendo.
(da pensierifluidi.splinder.com)
Com’è, come non è, da qualche settimana si dice in giro che Splinder chiuderà baracca.
La fine del mondo degli splinder-blog doveva essere adesso, il 24 novembre.
E allora via, tutti ad impacchettare racconti e ricordi, notizie e memorie; cercare nuove location, renderle accoglienti, riaprire le scatole di ricordi e racconti, magari rispolverarli un po’, trovare loro un posto, come soprammobili.
L’ho fatto anch’io, con l’aiuto dell‘Ostelinus. (Grazie stragrazie!)
E questo doveva essere l’ultimo post prima del grande switch-off.
Ma, come nelle migliori profezie, adesso, il 24 novembre, non succederà proprio nulla.
Succederà qualcosa, forse, il 31 gennaio, o almeno così dicono.
Meglio così.
Non è un buon tempo per i traslochi, questo, anche se ce ne sarebbe davvero bisogno.
La cosa che più conta di un viaggio è non smettere di viaggiare. Non cedere alla tentazione di fermarsi è ciò che dà senso all'andare, ciò che lo rende veramente utile e veramente bello. Agli occhi di Dio, agli occhi dell'Universo, agli occhi di chi incontri nel cammino.
(Maurizio Maggiani)
Un nuovo viaggio, un nuovo ritorno. E non è la prima volta che ritorno in un luogo già visto.
Sto leggendo un libro di Maggiani, Il viaggiatore notturno. Parla di migrazioni. Dice: “In realtà i migratori non vanno da nessuna parte, i migratori ritornano, sempre e soltanto. Il loro andare e venire è un perpetuo ritorno”.
Sono forse anch'io una rondine, una migratrice? Più volte sono tornata in un luogo, in un tempo, in una situazione.. Perché? Per vedere se qualcosa è cambiato? Per vedere se sono cambiata io? Forse.
E qualcosa stavolta è cambiato. Se non qui, alla metà del mondo, di là, dall'altra parte dell'oceano.
E tra qualche settimana, finita questa migrazione, sarà bello ritornare.